Una giornalista non è un asino

C’è differenza tra scrivere e informare.
Il mio modo di pensare è semplice. Quello che incontro, quello che faccio, quello che mi capita è la realtà.
Se devessi informare, quello racconterei.
Evidentemente la stessa cosa non vale per la “giornalista” de L’Arena, Giorgia Cozzolino.

Il 25 giugno, esce un lungo articolo contro di me, DI.N.O.
Cosa scrive la Cozzolino? Scrive solo quello che sente dire di me da vigili, sindaco, polizia, e alcuni vicini che non amano gli orsi.
Si è sentita in dovere di ascoltare la voce dell’orso? Nemmeno per idea, ovviamente. Questo non fa parte del suo codice deontologico.
L’esito è che se uno legge il suo articolo, pensa veramente che io sia un orso criminale, che oltre a essere rumoroso, danneggia arredo urbano e si permette addirittura di minacciare consiglieri e assessori comunali (sic!).

Allora, pensando che il diritto di replica non si dovrebbe negare a nessuno, invito la Cozzolino da me per una conferenza stampa e scrivo, nero su bianco, la mia visione dei fatti.
La giornalista arriva e come buon inizio… non vuole entrare perché il luogo è occupato. Ora, non è che le chiedessi un coraggio da reporter di guerra, ma se vuoi informare, devi pur vedere con i tuoi occhi, qualunque sia la situazione da affrontare. Ma Cozzolino dice no, che non entra a meno che ad invitarla non sia Brendolan (il proprietario, straricco, dell’area e su cui un giorno tonerò). Ma che cazzo di posizione è? Sei o non sei una giornalista? Fai il tuo lavoro, che non rischi niente. In Lessinia, affamato, ho mangiato un asino, non una giornalista.

Nel merito di quello che ha scritto nella replica.
Se sei invitata ad una conferenza stampa, dovresti scrivere quello che ti viene detto. È il punto di vista di quelli che hanno convocato la conferenza stampa, non il tuo. Non c’è pericolo che ti possa essere addebitato.
Basta scrivere DI.N.O. dice, aperte le virgolette, chiuse le virgolette, punto. Invece? Invece niente, tre righe, in alcuni casi modificando quanto da me scritto sul comunicato e si sa che per modificare il senso basta anche solo accorciare una frase. Il gioco è fatto. So che non sono l’unico ad essere incappato in questa pratica giornalistica. Quando ti si accusa, articolone centrale, quando smentisci, piccolo trafiletto nascosto e appositamente oscuro.

Un possibile modo per rimediare? (ma so che non succederà)
Fai pubblicare sul tuo giornale il mio comunicato, senza tagli o almeno con tagli che non distorcano quello che voglio comunicare.
E mi ricredo sulla tua poca professionalità.
Altrimenti?
Altrimenti mi viene da pensare che il deficit di professionalità sia in realtà una prostrazione al potente. Di turno.
Brendolan, Tosi in questo caso. Aver sottolineato nel primo articolo la mia “illegalità” e non aver riportato niente nella replica della mia dichiarazione sulle molteplici relazioni che i politici, anche veronesi, hanno con denunciati e condannati è cosa sospetta. Il caso Brancher è lì, fresco fresco a ricordarlo. Uno inquisito viene fatto ministro, noi denunciati per occupazione neppure un incontro con una commissione di seconda mano.
Ma i benpensanti veronesi, è risaputo, hanno terrore di chi occupa a scopo socio-culturale mentre stimano chi compie reati come l’appropriazione indebita, la corruzione e altre “illegalità” che garantiscono ricchezza individuale. Queste ultime, roba da furbi, da gente che si fa da sè.
Sul tempo dedicato poi dalla giornalista a raccogliere le farneticazioni (sempre filo-proprietarie, altro che antisistema) dei fascisti di Casa Pound, meglio tacere.