Cologna Veneta. Capita che lavoratrici migranti entrino in sciopero…

Questa vicenda racconta che cos’è il Nordest. Chiaramente, almeno, quanto potrebbe farlo il racconto della penetrazione della camorra al Nord. Nordest dell’efficienza e dell’imprenditorialità autonoma. Nordest del lavoro schiavile e delle nuove servitù.

Donne, marocchine e in nero. Quale altro reagente può far emergere con più nitida chiarezza cosa è il lavoro precario, oggi, in Italia?

Capita che dieci donne vengano licenziate in tronco perché pretendono gli stipendi non pagati. Capita che queste donne le si voglia liquidare con buste paga che le accreditano di quattro ore di lavoro al giorno, quando esse lavorano per più di dodici ore nei campi. Capita, che a queste donne – migranti e straniere, supplemento di razza interno ed irregolare del mercato del lavoro – vengano letteralmente rubati almeno 1000 euro al mese di paga base.

Questo è il miracolo del Nordest. La sua straordinaria capacità di rovesciare il flusso del tempo; di reinstallarci in altri tempi dell’accumulazione capiitalistica. Di far retrocedere la storia.

Oppure, viceversa, di sintonizzarsi sull’onda della transizione che sincronizza tempi diversi del capitale in molti paesi dell’ex terzo mondo. Posti, come la Cina, il cui balzo nella storia è fatto di lavoro contadino migrante, autoimprenditorialità e autosfruttamento, fordismo, postfordismo e preistoria del capitalismo…

Capita che quelle donne, marocchine e in nero, aggancino altre temporalità  del Nordest. Che conoscano la soggettività della presa di parola. Che conoscano le pratiche di cittadinanza, di autorganizzazione e di sindacalismo selvaggio e dal basso degli invisibili e dei migranti.

Capita, che entrino in sciopero contro chi ne ha sfruttato il lavoro e calpestato la dignità e i diritti. Esattamente come hanno fatto – in migliaia di casi, in Veneto – commercialisti e avvocati, sedicenti mediatori e sindacalisti , lucrando sulla pelle dei migranti il prezzo della recente sanatoria  per le badanti.

Queste donne, le loro storie, ci dicono cos’è oggi il Nordest. Un tempo diviso. Un tempo multiplo e polare. Tempo della ipermodernità e della servitù. Tempo del delirio razzista e dell’autodeterminazione. Tempo del silenzio e tempo della presa di parola.

Piaccia o no. Questo è il nostro tempo. E comincia adesso.

Rassegna stampa. Fonte: L’Arena – 15/12/2010
Una quindicina di lavoratrici ha protestato per gli orari e per i salari
Da Gecchele un sit-in delle braccianti agricole
«Gli stipendi sono troppo bassi rispetto alle ore effettive di lavoro» Il titolare: «Le dipendenti sono tutte in regola con il contratto»

Cologna Veneta (Verona). Sit-in di protesta all’esterno dell’azienda agricola, con striscioni, bandiere e palloncini, al grido di «dignità e lavoro». Una quindicina di lavoratrici ha inscenato ieri mattina una manifestazione davanti ai cancelli della «Gecchele» di San Sebastiano, ditta che trasforma prodotti ortofrutticoli. Le braccianti rivendicavano condizioni di lavoro più dignitose, stipendi arretrati ed orari che consentano di conciliare l’occupazione con l’accudimento della famiglia e dei figli. Durante la protesta, che è durata poco più di un’ora, alcuni fornitori della «Gecchele» con i loro camion sono stati rallentati nelle manovre di ingresso e di uscita dallo stabilimento. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Cologna e la polizia locale per garantire la sicurezza e il regolare flusso veicolare.

Le ragazze hanno raccontato ai sindacati di percepire stipendi troppo bassi in relazione alle ore lavorate. «Spesso facciamo 12 ore di lavoro, ma veniamo pagate per un terzo delle ore», racconta Rachida. «Abbiamo atteso per tre mesi lo stipendio e quando abbiamo chiesto che ci venissero pagati gli arretrati ci hanno messo alla porta». Altre lavoratrici, come Sanaguira, riferiscono di contributi non pagati, di permessi negati. «Ho una figlia disabile, ma non mi concedono di andare a casa alle 17 per assisterla. Spesso rimaniamo in azienda fino a mezzanotte, o anche fino all’una», rivela Saran.

Il rappresentante di ADL-COBAS Khaled Benammar ha avuto un primo incontro in mattinata con il titolare Mirko Gecchele, e un secondo nel pomeriggio con Gecchele e i rappresentanti della Coldiretti. «Chiediamo che venga applicato alle braccianti il contratto collettivo nazionale», dice Benammar. «E che vengano saldati i pregressi non elargiti finora».
Valter Gecchele, fratello del titolare, ribatte con forza alle accuse: «Innanzitutto, voglio precisare che delle 15 manifestanti, solo 6 sono nostre dipendenti. In secondo luogo, faccio presente che le lavoratrici sono tutte in regola con il contratto dell’agricoltura, sono sempre state pagate per le ore che hanno svolto e non abbiamo alcun pregresso insoluto».

L’unico cambiamento che è avvenuto negli ultimi due mesi è stato il rinvio dal 10 al 20 del mese del pagamento degli stipendi. Gecchele ammette che vi sono orari di lavoro particolari «per rispondere alle richieste della grande distribuzione», però vi sono altresì periodi in cui le dipendenti sono impegnate per poche ore al giorno e «ci vengono perfino a chiedere di lavorare di più. Se da un lato vi sono quelle 6 braccianti che protestano, dall’altro abbiamo altre 20 lavoratrici in azienda soddisfatte del loro posto di lavoro e pronte a sostenerci», conclude.

5 Replies to “Cologna Veneta. Capita che lavoratrici migranti entrino in sciopero…”

  1. salve, sono una delle lavoratrice scioperanti, un finanziario di Gecchele mi ha investito e se ne andato senza neanche prestarmi i soccorsi ma i carabinieri sono intervenuti e sono almeno riusciti ad identificarlo, il papà di Gecchele invece ha dato un pugno nella pancia ad un ragazza di noi in gravidanza e per fortuna è arrivata l’ambulanza nel momento giusto e hanno potuto salvare il bambino, ma le violenze non finiscono qui, perché i due titolari tantissime volte ci sOnO venuti addosso con le machine, i trattori….poi le altre donne volevano ammazzarci perché sono uscite con i COLTELLI E I BASTONI e il titolare Mirko Gecchele ha detto ” dai dai ammazzatele” mi ricordo benissimo questa frase. UN’ALTRA COSA IO NON PARLO COSI’ A VANVERA HO DELLE FOTO DEI VIDEO DEGLI ACCORDI DEI GIORNALI DEI TESTIMONI.

  2. salve,
    voglio dirti signor Giovanni che io ho lavorato nel magazzino so com’è il lavoro dentro e tu sei un autista per quello dici questo e sei assunto con la GECCHELE SRL e non lavori 16-17-18 ore come noi, che dobbiamo stare finchè finiamo ordine e quando chiedi lo stipendio ti danno 100€ minacciandoti del lavoro che non c’è in giro o ti buttano via come hanno fatto con noi e vieni sgridato, sfruttato, maltrattato ecc…e ti dico se noi lasciamo perdere e andiamo cercarci un altro lavoro che cambia queste condizioni?. noi lavoratori che cambiamo bisogna avere solo un pò di coraggio ed essere convinti dei quello che vogliamo.

  3. @BONIZZO GIOVANNI Si vede, da quello che scrivi, che non hai nessuna consapevolezza di cosa significa essere lavoratori/trici. Per te, se un padrone ti tratta male, si tratta semplicemente di andarsene via senza far rumore. La dignità del proprio lavoro, il rispetto di se stessi, l’ingiustizia dello sfruttamento, per te sono bazzecole. Piccole cose su cui bisogna tacere. Bene hanno fatto, al contrario del tuo atteggiamento remissivo e supino, le lavoratrici della Gecchele ad alzare la testa, a bloccare l’azienda. E sì, anche a costringere chi voleva tranquillamente andare a lavorare tenendo occhi e bocca chiuse a restare fuori dall’azienda. Lamentati se vuoi, signor Giavanni, tanto non saranno le tue 4 parole a bloccare persone che sanno cosa significa la parola dignità!

  4. Lavoro da anni per la ditta Gecchele, ho sempre ricevuto i miei compensi e sono sempre stato trattato benissimo. Nel momento in cui la situazione dovesse cambiare e se avessi migliori opportunità cesserei il mio rapporto con Gecchele senza tanto clamore. Nel tentativo di migliorare la mia condizione professionale nella mia vita ho cambiato lavoro ben 8 volte e non ho mai fatto una ora di sciopero. Inoltre è giusto informare l’opinione pubblica che queste donne possono a buon titolo astenersi dal lavorare, ma non possono imporre questa loro scelta agli altri ne tantomeno pretendere di perquisire le auto in transito come hanno tentato di fare con il sottoscritto.

  5. salve,
    e allora dove sono le associazioni e le organizzazioni nazionali ed internazionali che lottano contro lo sfruttamento femminile?
    secondo me queste Donne sono molto coraggiose essendole tutte straniere…BRAVE BRAVE BRAVE 🙂

Comments are closed.